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Da qualche parte, mi è capitato  di leggere che per rimpiazzare  una vecchia abitudine con una  nuova ci vogliono in media 66  giorni. Non so dire quanto ci sia  di vero in queste parole, ma so  che interrompere il ciclo vizioso  è possibile.  

L’abitudine è la nostra gabbia  dorata, quella che però rischia  di trasformarsi in staticità.  E mentre qualcuno se ne libera  e progredisce, altri rimangono  incagliati in una comfort zone che in realtà di comfort non  ha proprio nulla, all’insegna  di quel cattivo mantra ben  rappresentato dalla citazione  ormai famosissima di Grace  Murray Hopper “La frase  più pericolosa in assoluto è:  abbiamo sempre fatto così”. 

Per quanto riguarda il passaggio generazionale del board dell’azienda il segreto è iniziare a governare  la moltitudine di processi che porteranno l’azienda stessaa  cambiare direzione o proprietà  (e quindi abitudini), creando  un passaggio graduale da un  punto di partenza A a un punto  di arrivo B, toccando tutti i  punti intermedi di un percorso  il cui traguardo va tagliato  insieme. 

 

Le fasi della pianificazione ideale

Questo percorso non è altro che la pianificazione della successione.  

La letteratura in materia riassume la “successione ideale” in quattro differenti fasi:

  1. Avvio delle attività preparatorie, fondamentali per pianificare i tempi e le modalità della successione, includendo in questa fase anche le attività di comunicazione con i familiari  e i membri esterni alla famiglia;
  2. Formazione del potenziale erede (o eredi), in cui i potenziali candidati alla successione sono sottoposti a un training per essere pronti nel momento del passaggio di testimone;
  3. Selezione del successore, in cui si sceglie in modo definitivo chi ha l’X Factor per diventare il nuovo leader dell’impresa di famiglia; 
  4. Conclusione della successione, che prevede sia il trasferimento della leadership al nuovo successore dopo un periodo di collaborazione con il precedente leader, sia una fase di riorganizzazione aziendale e di modifiche alla struttura dell’impresa. 

Si sa che il piano ideale deve rimanere una guida, un punto di riferimento, ma nella realtà poi tutte le situazioni sono differenti e tutte le possibilità vanno soppesate.

Come fare dunque a tradurre questo piano ideale con il linguaggio delle proprie esigenze? 

 

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